Trails in the Sky ~ Viaggio di formazione a Liberl

Trails in the Sky ~ Viaggio di formazione a Liberl

The Legend of Heroes: Trails in the Sky

Piattaforma: PSP
Software House: Nihon Falcom
Publisher: XSEED
Lingua: Inglese
Release: 4 novembre 2011
Note: Disponibile anche su Steam con patch, fix e achievement. La versione PSP/PSVita non è più acquistabile dal PlayStation Store europeo per scadenza dei diritti del publisher europeo (Ghostlight).
Il gioco è uscito originariamente in Giappone nel 2014, ma solo nel 2011 è arrivato in Occidente per la prima volta.

Avventurandosi nel mondo di Trails in the Sky per la prima volta, uno dei primi pensieri è probabilmente quello di trovarsi davanti a un JRPG vecchio stile, dal sapore un po’ retrò, per la gioia dei nostalgici; in realtà, andando oltre le ore di gioco iniziali, si capisce che questo titolo è ben più di questo.
La storia si ambienta nel regno di Liberl, su cui ancora incombe lo spettro della Guerra dei Cento Giorni, avvenuta dieci anni prima con un tentativo di invasione da parte dell’Impero di Erebonia. Ora la guerra è solo un ricordo ancora fresco, eppure i pericoli non mancano: è per questo che esistono i Bracer, organizzazione internazionale che si prefigge lo scopo di proteggere ed aiutare i cittadini attraverso gli incarichi più disparati. La giovane Estelle Bright è proprio figlia di uno dei bracer più celebri al mondo, il leggendario Cassius Bright, e si accinge lei stessa a sostenere la prova per diventare junior bracer assieme a Joshua, fratello adottivo che il padre ha portato a casa di ritorno da una missione cinque anni prima.
La tranquilla vita dei due ragazzi nella cittadina di Rolent, però, viene presto sconvolta dall’improvvisa sparizione del padre durante un misterioso incarico. Questa sarà la molla che li spingerà a mettersi in viaggio per tutta Liberl, sia per cercare di rintracciare Cassius, sia per addestrarsi loro stessi come bracer, svolgendo incarichi nelle altre quattro città principali del regno: Bose, Ruan, Zeiss e Grancel, la capitale.

Schera spiega cosa sono i bracer decisamente meglio di me!

Solide fondamenta

Una cosa bisogna tenere presente quando si gioca a Trails in The Sky: che questo gioco è il primo capitolo di una trilogia. Se il terzo capitolo della suddetta trilogia può dirsi maggiormente indipendente, proponendo anche un altro protagonista, è in Trails in the Sky Second Chapter che trova compimento la trama avviata in questo First Chapter; una trama che inizia lenta e procede per gradi, prendendosi il suo tempo, e che va quindi considerata nell’ottica di un lungo prologo a qualcosa di ben più complicato.

Dapprima, ci sembra di trovarci di fronte ad episodi slegati del viaggio di Estelle e Joshua; in realtà, a poco a poco, i fili cominciano a convergere, mostrando che tutti quegli avvenimenti apparentemente a sé stanti erano parte di un’unica rete. E, avvicinandosi al finale, si avverte sempre con maggior chiarezza — fino ad ottenerne conferma nelle ultimissime fasi — che quella rete stessa altro non è che parte, a sua volta, di un intreccio più complesso, di cui scorgiamo solo la proverbiale punta dell’iceberg.

Tutto Trails in The Sky FC è un  gettare le basi per qualcosa di incredibilmente più grosso, più complesso. E’ una lunga e riuscita costruzione di solide fondamenta – fondamenta che reggono tanto la trama, quanto i personaggi, i legami che intercorrono tra loro, i luoghi in cui si svolge l’azione. Ed è un gioco che, nel portare a termine questo compito, si prende il tempo che serve, dando il giusto spazio a tutti gli elementi che formano quel grande affresco che il titolo sa regalarci.

Un viaggio di formazione

Punto forte è sicuramente la caratterizzazione dei personaggi, che rifulge non solo per i due protagonisti, Estelle e Joshua, ma anche per gli altri membri del party, per gli antagonisti, e per tutti gli NPC che si incontreranno a più riprese nel gioco. Ciò è possibile grazie a una narrazione brillante e vivace, che, attraverso dialoghi frequenti e articolati, modella come personaggi tridimensionali quelli che, nelle mani di sceneggiatori meno capaci, avrebbero corso il grave rischio di risultare gli ennesimi stereotipi. Perché sì, a un primo sguardo, complice un character design che non brilla nell’estetica degli artwork, è facile di giudicare il cast di Trails in The Sky come l’ennesimo gruppo di tipi da JRPG; ma un’ora di gioco è sufficiente a smentire diametralmente questa prima impressione.
A spiccare maggiormente sono senza ombra di dubbio i due protagonisti, Joshua ed Estelle Bright, due sedicenni che si affacciano alla soglia della vita adulta e delle sue responsabilità. Joshua, calmo, gentile e razionale, ma spesso umbratile e introverso, nasconde un passato oscuro, il cui mistero aleggia come una spada di Damocle per tutta la durata del gioco, fino al climax finale; Estelle, ragazza dinamica e di buon cuore, a tratti ingenua e impulsiva, mostra una forza d’animo impressionante e compie sicuramente il percorso di crescita maggiore, facendo i conti con l’ombra del mistificato padre, con la perdita prematura della madre, e con la natura stessa del suo forte attaccamento a Joshua. Insieme formano un duo opposto e complementare, in grado di mostrare al giocatore una duplice prospettiva in molti momenti della trama; un’accoppiata quanto mai vincente, tanto quanto il rapporto che intercorre tra i due, già solido a inizio gioco e cementificato gradualmente durante il gioco con i giusti tempi e le giuste scene.
Il loro viaggio attraverso il regno di Liberl è un vero e proprio viaggio di formazione, che li pone davanti alle difficoltà della vita adulta. Lontani dalla protezione del padre, i due restano coinvolti in qualcosa di più grosso di loro, attorniati da domande a cui non sanno dare una risposta. In un mondo in cui nessuno sembra essere indifferente al nome di Cassius Bright, Joshua e soprattutto Estelle devono fare i conti con una figura paterna che, attraverso gli occhi degli altri, assume i connotati di un vero e proprio eroe mistificato, che cozza nettamente con l’affettuoso genitore da loro conosciuto.
Un loro tratto che è impossibile non apprezzare è sicuramente l’umiltà: a differenza di molti protagonisti dei JRPG celebrati come eroi, Joshua ed Estelle restano con i piedi per terra, certi di essere solo due piccoli ingranaggi di un meccanismo assai più grosso, e consapevoli di aver bisogno nella maggior parte dei casi dell’aiuto dei loro colleghi o amici più grandi. Ed è qui che entrano in scena, appunto, i tanti personaggi secondari che fanno da cornice alla loro avventura: dalla mentore Scherazard all’eccentrico bardo errante Olivier, dal rude Agate all’elegante Kloe, dalla dolcissima Tita all’onesto Zin, tutti accompagneranno Joshua ed Estelle per un tratto del loro viaggio, aiutandoli a crescere e lasciando loro qualcosa. Questo party, che nel complesso appare variegato sia sotto il profilo della caratterizzazione, sia sotto quello del gameplay, non sarà mai unito nella sua interezza se non nel finale, dove finalmente avremo la possibilità di scegliere quali compagni portare con noi; al contrario si darà il cambio nel corso della vicenda al fianco dei due protagonisti, poiché ogni comprimario ha la propria storia e la propria tabella di marcia, che solo in determinati momenti si intreccerà a quella dei due protagonisti.

Olivier, uno dei personaggi più eccentrici e carismatici, fa il suo “silenzioso” ingresso in scena.

Tutti i personaggi di Trails in The Sky possono essere visti come tanti fili che si intersecano in un articolato reticolo, NPC compresi; un punto a favore di questo gioco rispetto ad altri dello stesso genere è proprio l’attenzione riservata anche ai personaggi non giocabili, che, similmente ai party member, faranno la loro comparsa nelle avventure di Joshua ed Estelle a più riprese, intrecciando con loro legami sempre più solidi. Per concludere la panoramica su questo cast assai ben caratterizzato da una sceneggiatura magistrale, vanno citati anche gli antagonisti, che il gioco ha cura di presentare sempre in duplice luce, facendo sì che tanto il giocatore, quanto i protagonisti stessi capiscano le motivazioni di chi si oppone a loro.

Tra i personaggi secondari non giocabili, Nial è sicuramente uno di quelli che maggiormente lasciano il segno.

La Rivoluzione Orbitale

Dal punto di vista del gameplay, Trails in The Sky si configura come un JRPG a turni di stampo abbastanza classico. I personaggi possono muoversi sul campo di battaglia solo entro un determinato raggio d’azione, a seconda della loro statistica MOV e dell’arma di cui fanno uso, e dispongono, oltre che del normale comando Attacca, sia di arti magiche (Arts), sia di tecniche fisiche (Craft): le prime consumano EP e prevedono un tempo di cast prima di essere lanciate; le seconde, invece, hanno effetto immediato e consumano CP, che si accumulano infliggendo o subendo danni in battaglia. Arrivando almeno a 100 CP, si può utilizzare una tecnica speciale, l’S-Craft, in grado di danneggiare notevolmente il nemico. I Craft sono specifici per ogni personaggio e vengono appresi man mano che si avanza di livello; le Arts, invece, dipendono dagli Orbments equipaggiati dai personaggi. Essi si possono acquistare in specifiche Orbal Factory scambiando sepith – cristalli che si ottengono in battaglia – degli elementi richiesti, e possono essere inseriti nei rispettivi slot dei personaggi (che a loro volta devono essere sbloccati nel medesimo modo, e che in alcuni casi prevedono delle limitazioni elementari); ogni orbment presenta un determinato valore elementare, e può sia influenzare le statistiche dei personaggi, sia conferirgli la possibilità di utilizzare le arti ad esso legate. Disporre saggiamente gli orbments negli slot dei personaggi è fondamentale, perché alcune arti possono essere acquisite soltanto con combinazioni che richiedono un determinato valore elementare complessivo.

Il sistema degli Orbments.

I turni, in battaglia, possono essere influenzati da diverse azioni, sia per quanto riguarda gli alleati, sia per quanto riguarda i nemici, e sfruttare saggiamente ogni risorsa a vostra disposizione sarà assolutamente necessario per portare a termine vittoriosi alcune battaglie. Molti scontri dopo le prime fasi di gioco possono infatti rivelarsi lunghi e macchinosi, poiché spesso vi troverete a fare i conti con un numero di avversari considerevole in un’unica battaglia, e ciò vi spingerà a mettere a mettere a frutto tutte le potenzialità dei personaggi per elaborare una strategia vincente. Nel complesso, il battle system è piacevole e offre una giusta dose di sfida, assestandosi sempre su una difficoltà equilibrata.

La schermata di battaglia.

Vita da Bracer

La trama del gioco è divisa in cinque capitoli (precisamente, un prologo e quattro capitoli), ognuno dei quali corrisponde ad una delle regioni che Joshua ed Estelle si trovano a visitare durante il loro addestramento. Nel complesso, la storia principale può essere portata a termine con una media di quaranta ore, ma la longevità può essere aumentata grazie alle numerose quest opzionali che il gioco offre. Le missioni secondarie possono essere accettate semplicemente controllando la bacheca delle gilde dei bracer nelle varie città, e vi porranno davanti a vari compiti, che vanno dalla semplice eliminazione di mostri rari al recupero di oggetti, e via dicendo; la maggior parte delle quest presenta delle sotto-storie interessanti, che alcune volte coinvolgono personaggi secondari della trama, altre si sviluppano a più riprese. Completare le quest facendo rapporto alla gilda vi farà avanzare di grado tra i bracer, ottenendo di volta in volta varie ricompense.
Ciò che è bene tenere a mente, però, è che le quest scadono automaticamente qualora si lasci la città in cui le si è prese: attenzione, quindi, ad assicurarvi di aver completato tutto ciò che vi interessa prima di spostarvi, quando la trama vi impone spostamenti da una città all’altra.

Il comparto tecnico del gioco non brilla certo di modernità; graficamente, il titolo risulta sicuramente molto arretrato per l’anno in cui è giunto da noi (2011), e nemmeno particolarmente all’avanguardia per la data originaria di rilascio nel Paese del Sol Levante (2004). Tuttavia, si può apprezzare senza dubbio la cura utilizzata nel creare gli ambienti, in particolare le città: ognuna, oltre ad avere la propria particolarità che la caratterizza, presenta una molteplicità di strutture da esplorare per il fine stesso dell’esplorazione; in particolare, gli interni delle case e degli edifici si articolano in numerose stanze, proponendo ambienti ben più complessi della media dei titoli di questo genere (e di quel periodo). I dungeon, invece, non risultano particolarmente ispirati di norma, fatta forse eccezione per quello finale.
Fluide le animazioni dei personaggi, soprattutto in battaglia; nei dialoghi, invece, sono i portrait dei protagonisti a veicolarne le emozioni, e ci riescono, grazie a una vasta gamma di espressioni che ben si adattano a dialoghi.
Diverso il discorso per gli artwork utilizzati nel menù, nell’opening e nell’ending, che contribuiscono a invecchiare l’aspetto grafico del titolo con uno stile un po’ datato e un po’ troppo anni ’90; un vero peccato, perché i ritratti dei personaggi usati in battaglia e nei dialoghi risultano ben più accattivanti e piacevoli.
La colonna sonora, invece, svolge il suo ruolo in modo egregio. Se dapprima le musiche non lasciano particolarmente il segno, per il loro tono bucolico che ben si accorda alla verde Rolent, teatro delle prime ore di gioco, lentamente si scopre come ogni scena abbia adeguato sottofondo, tra tracce ora allegre, ora epiche, ora malinconiche. Al battle theme principale si alternano alcune varianti e diverse boss theme particolarmente azzeccate, per non parlare delle musiche che ci accompagneranno nei momenti di trama più salienti. Inoltre, alcuni dei personaggi sono a loro volta musicisti, e le loro canzoni avranno spazio nell’opera: una su tutte, l’indimenticabile The Whereabouts of Light, variazione del main theme del gioco, che Joshua suona con l’armonica in diversi momenti della trama, e che incornicia anche l’emozionante finale.

Proprio il finale del gioco rimescola drasticamente le carte in tavola, spalancando una porta sull’abisso di nuovi intricati scenari, e facendo emergere quanto saggiamente siano state preparate tutte le pedine del gioco.

Quando il gioco uscì inizialmente in Giappone, con il semplice titolo Eiyuu Densetsu: Sora no Kiseki, i giocatori non immaginavano che fosse l’inizio di una trilogia, e rimasero spiazzati da un simile finale. Ebbene, il Second Chapter riprende proprio laddove finiva il suo predecessore, inoltrandosi in una trama che, dalle premesse viste alla fine di FC, si preannuncia ben più oscura e complicata.

Trails in the Sky ha segnato l’inizio, all’interno del brand The Legend of Heroes, di una vera sottoserie, quella Trails/Kiseki, che comprende altri cinque titoli: Zero no Kiseki, Ao no Kiseki e la trilogia Trails of Cold Steel (il cui terzo capitolo è previsto in Giappone per l’autunno 2017). Tutti questi giochi si ambientano nello stesso universo di Trails in the Sky, in uno scenario geopolitico che si fa sempre più complicato. Le fondamenta costruite in questo capitolo non servono solo a sorreggere la storia di Estelle e Joshua, ma gettano le basi per l’intero impianto della serie; una serie che, dopo questo gioco, non potrete far altro che andare avanti a scoprire.

Conclusione

Trails in the Sky è un titolo che ho giocato senza alcuna aspettativa e che mi ha dato più di quanto avrei potuto mai immaginare. E’ stato il mio punto di ingresso in quella che tutt’ora definisco senza indugi la mia serie di JRPG preferita. Si tratta di un gioco che fa della sceneggiatura e della cura riposta nella costruzione del mondo i suoi punti di forza, il tutto sorretto da un gameplay classico che farà la gioia degli appassionati del genere; un titolo, insomma, che non posso far altro che consigliare di cuore a tutti gli amanti dei JRPG.

Un commento

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