Come alcuni di voi frequentatori del gruppo FB sapranno, sono riuscito a mettere le mani su Valkyria Revolution (conosciuto in Giappone come Valkyria Azure Revolution) una settimana prima del day one, previsto per il 30 Giugno da noi, e ho pensato di approfittarne, mettendo per iscritto le mie prime impressioni, dopo due capitoli di gioco, per aiutare gli interessati a decidere sull’acquisto.
Valkyria non Valkyria
Prima di cominciare a parlare del gioco in sè, vorrei mettere in chiaro una cosa che è ancora fonte di dubbio per molti giocatori: Valkyria Revolution non è Valkyria Chronicles. Condivide col fratello maggiore l’ispirazione sul setting, alcuni elementi narrativi e di gameplay, ma è una deviazione dalla formula tradizionale sia nella giocabilità che nell’essenza stessa del titolo. Vorrei quindi invitare anche voi a non fare paragoni eccessivi con la saga di strategici SEGA; per quanto il primo VC sia uno dei miei giochi preferiti della passata generazione e ami la saga, sono dell’idea che essere fan di qualcosa non significhi ripudiare tutto quello che è diverso, motivo per cui sto giocando Revolution con la consapevolezza che si tratti di uno spin off. “Non è Valkyria Chronicles” non conta come difetto, sebbene nei punti in cui si somigliano (come lo stile grafico) il paragone sia inevitabile.
La Storia della Rivoluzione
La storia di Valkyria Revolution ci viene raccontata sottoforma di flashback, anni e anni dopo la fine dell’avventura. Nei panni di uno studente dell’Accademia di Jutland intenzionato a scoprire la verità dietro alle gesta dei protagonisti, insieme alla nostra professoressa ripercorreremo le vicende dei cosiddetti “Cinque Traditori”, gli artefici della Liberation War che andremo a giocare, un gruppo di invidui che ha diviso l’opinione storica mondiale. Sono eroi che hanno guidato il paese alla libertà o egoisti che hanno messo a repentaglio la vita di migliaia di innocenti per il loro tornaconto? Il nostro studente è scettico sull’effettiva malafede dei Cinque: crede che ci sia una verità nascosta dietro non raccontata nei libri di storia, che renderebbe giustizia alle azioni della compagnia, e toccherà alla nostra insegnante narrarci dal principio le loro gesta, questa volta senza omettere nulla.
Ha quindi inzio la trama vera e propria, la storia di come Amleth e i restanti membri dei Cinque Traditori hanno manipolato il corso della storia per spingere Jutland a dichiarare guerra all’Impero di Ruz, decisamente più potente ed equipaggiato della piccola terra sopracitata.
E per che cosa? Vendetta, la principale tematica dell’avventura. Per vendicarsi di come l’Impero ha rovinato le vite dei Traditori, essi scelgono di guidare nell’ombra Jutland e la sua popolazione, spingendola in una guerra e convincendoli che sia la cosa giusta da fare, motivati comunque dalla presenza dell’embargo Imperiale che da tempo ha portato il piccolo regno all’impoverimento. Con la scusa di una rivalsa per questo gesto, Amleth guida la sua unità d’elite Anti Valkyria (nota come Vanagard) in missioni cruciali per la campagna militare, ma che non sono altro che maschere per i suoi veri piani di rivincita.
In parole povere, la storia è veramente molto interessante, e lo stesso posso dire per i suoi personaggi principali.
Amleth è un protagonista molto più cupo e freddo rispetto agli eroi di Valkyria Chronicles, e che si ostina a non voler legare con i membri della sua unità, preferendo la compagnia dei suoi amici di infanzia, i Traditori. Il suo comportamento distaccato e le sue doti da comandante sono messe in risalto e opposte da Ophelia, principessa di Jutland e soldatessa dell’unità Anti Valkyria, inesperta in ambito militare ma determinata a proteggere il suo popolo e infastidita dai modi di fare misteriosi dell’antieroe.
Se non siete fan dei protagonisti “alla Squall Leonhart” potreste fare fatica a sopportare il taciturno e freddo Amleth (figurano anche i “whatever” nella ricetta), ma vi troverete meglio sicuramente con i comprimari e i personaggi “secondari” membri della squadra dei Vanagard.
Non so dirvi ancora come si evolve la storia, ma per il momento ha del potenziale, in cui il dualismo di Amleth e Ophelia affianca quello della doppia vita del protagonista, capitano militare da una parte ma che combatte solamente per vendetta e poco altro dall’altra.
C’è comunque un avviso che devo fare per quanto concerne il comparto narrativo: non aspettatevi una trama veloce; abbondano le cutscene, potrebbe passare anche molto tempo tra un’operazione e l’altra. A me personalmente non dispiace, ma il ritmo lento e il numero spropositato di cutscene potrebbe scoraggiare alcuni giocatori. Sono sicuro, comunque, che arriverà il momento in cui ingranerà, ma per adesso non mi lamento, anzi.
Valkyria non Valkyria II
Se è vero che le tematiche narrative differiscono da quelle del fratello maggiore Chronicles, è anche vero che il gameplay è tutta un’altra storia.
Abbandonata la struttura strategica, il gioco si dà all’Action RPG, affiancato da elementi da RTS (strategico in tempo reale), ma che non riescono a prevalere sull’impronta d’azione del titolo. Ma ho detto che non mi sarei lamentato solo perché il gameplay è diverso, infatti non intendo farlo… ma non posso parlarne in maniera del tutto positiva. Sì, è divertente e funzionale, ma c’è un elemento a dir poco fondamentale che manca nel mix: il gioco NON è uno strategico, ma è stato pubblicizzato come un Action RPG dalle meccaniche tattiche. Meccaniche tattiche che non esistono. Il gioco ha un livello di difficoltà disarmante, e tremo al pensiero dell’esistenza di una modalità Facile. E non è solo un capriccio di chi ama i giochi difficili, sia chiaro: l’assenza di difficoltà rende gli scontri poco stimolanti e avvincenti, e penalizza anche l’ottima idea di base del gameplay, un ibrido tra un sistema di combattimento melee classico e le armi da fuoco alla Chronicles, con l’azione che si ferma quando dobbiamo mirare, una precisione discutibile e in grado di effettuare colpi limitati.
Il fulcro del combat system rimane comunque il lato melee, effettuato tramite armi il cui anime level ricorda giochi tipo God Eater. Spadoni, asce, stocchi, combinazioni di lancia e scudo e tanto altro, il tutto diviso in quattro Classi, che strizzano l’occhio agli affezionati alla serie: Scout, Shock, Sapper e Shield. I primi sono combattenti più veloci, dalle armi sì deboli ma in grado di colpire rapidamente e muoversi altrettanto bene, i secondi sono più lenti ma prediligono armi più grandi in grado di colpire più nemici contemporaneamente, i terzi sono equipaggiati con dei bastoni che favoriscono gli attacchi a base di Ragnite e gli ultimi sono i “tank” (no, tank inteso come ruolo, non i carri armati di VC, putroppo…) che si muovono lentamente ma bloccano e attirano l’attenzione del nemico all’occorrenza.
Capite insomma che di Valkyria Chronicles rimangono i nomi, ma è già qualcosa. La vera novità è la presenza delle magie, se così possiamo definirle: dagli effetti più disparati, vanno dal danno al recupero HP ai buff alla creazione di muri di pietra per difenderci…
Il loro potenziale strategico sembra infinito, e la personalizzazione di ogni personaggio è vastissima, ma come già spiegato, c’è veramente poco su cui usare queste cose, vista l’incredibile semplicità delle battaglie coi nemici normali, più simili a un musou che a un ARPG, figurarsi a uno strategico. L’intelligenza artificiale dei soldati avversari è disastrosa, e il loro output di danno è ai minimi storici. Si fa più fatica a perdere gli HP che a completare le missioni. È vero che in questo tipo di produzioni non spicca mai l’intelligenza artificiale, ma qua siamo al di sotto della media dei giochi d’azione nipponici, e la cosa è tristissima. Io non avrei avuto nulla da dire su una formula incentrata sull’azione, trattandosi di uno spin off, ma qua il problema è ben diverso. Il grande difetto del gameplay non che sia action, ma che sia un action fatto male.
Devo dire che comunque gli scontri coi boss si prospettano interessanti e avvincenti, non solo perché hanno decisamente più Punti Vita di tutti i soldati di una mappa media messi assieme, ma perché fanno qualcosa invece di stare fermi. Attaccano e infliggono danno, e ci richiedono di stare lontani dalle aree d’attacco, mettendo alla prova i nostri riflessi con schivate e parate ben impostate.
Aldilà delle boss fight, però, sono qui che prego che la situazione migliori, anche se non promette affatto bene.
But wait there’s more!
Sì, è vero, c’è altro da dire. Fortunatamente, c’è altro bello di cui parlare, ma… sì, avete indovinato, c’è anche altro brutto.
Graficamente parlando il gioco si regge per bene in piedi, andando ad emulare lo stile acquarello del fratellone. Certo, colpevole sicuramente la versione PSVita, non si è andati molto lontano con la definizione, ed è un vero peccato, ma i colori sono bellissimi da vedere, e tengono alto l’onore della serie. Anche il character design è azzeccato, soprattutto quello dei personaggi principali, veramente ben realizzati.
Ciò che veramente crea problemi, invece, è la rigidità delle animazioni e delle espressioni facciali, che spesso incidono negativamente sulla resa di alcuni momenti narrativi. Mi è sembrato più volte di trovarmi di fronte a un Tales of o un’altra serie che impiega veramente poche risorse dal punto di vista grafico, tutto questo accentuato dalle innumerevoli cutscene presenti, rese in maniera di gran lunga superiore nel primo Valkyria Chronicles.
Come se non bastasse, a distruggere ulteriormente il comparto tecnico, ci sono i tempi di caricamento, lunghi e fastidiosi anche su PS4, che alla lunga possono risultare seccanti.
È però la colonna sonora la protagonista di questo paragrafo, composta dal leggendario Yasunori Mitsuda (Xenogears, Xenosaga ep.1, Chrono Trigger, Stella Glow, Xenoblade Chronicles 2…) che si differenzia dai lavori di Sakimoto sui tre Chronicles, ma non a tal punto da sembrare un’opera completamente diversa. Mitsuda infatti è riuscito a ricreare gli stili della trilogia originale aggiungendo però la sua impronta personale. Una composizione strepitosa che accresce il valore del comparto audio-visivo, affiancata da un doppiaggio inglese niente male; non stellare come altri RPG usciti in questo periodo, ma che sfoggia “nuovi” talenti conosciuti e affermati come Max Mittleman (che doppia in maniera tale e quale a Ryuji di Persona 5 un personaggio che potrebbe essere lo stesso Ryuji in una veste un po’ più losca), Darin de Paul, Cherami Leigh, Sarah Williams, Eden Riegel e tanti altri ormai note voci del mondo delle produzioni Giapponesi.
In conclusione
Valkyria Revolution è un titolo che è facile non piaccia, poiché di difetti ne ha e sono anche evidenti. Tuttavia, non lo sto trovando tanto pessimo come dicono molti recensori occidentali, e dipendentemente da ciò che cercate in un RPG potrebbe anche valere la pena di acquistare.
Non mi pento di aver iniziato il viaggio di Amleth e Ophelia, e sono curioso di vedere cosa il titolo ha da offrire, nella speranza che il gameplay migliori e che le boss fight seguenti continuino ad essere interessanti.
Poi è prevista una lunga serie di DLC gratuiti, quindi chissà, magari saranno in grado di offrire una sfida!
Conclusione