Sorcery Saga: Curse of the Great Curry God ~ Magic is the spice

Sorcery Saga: Curse of the Great Curry God ~ Magic is the spice

Sorcery Saga: Curse of the Great Curry God

Piattaforma: PC
Software House: Compile heart
Publisher: Compile heart (JP), Ghostlight (NA/EU)
Lingua: Inglese (testi), giapponese (audio)
Release: 4 giugno 2018
Note: Disponibile anche su Ps Vita
SI RINGRAZIA IL PUBLISHER PER AVERCI FORNITO UNA COPIA REVIEW DEL GIOCO.

 

Ogni tanto, nella vita, ci vuole leggerezza. Dopo tanti anni passati a giocare RPG, è impossibile non accorgersi di come le avventure dei protagonisti tendano spessissimo a farci vivere vicende incredibili e indimenticabili, grandiosi viaggi che cambiano per sempre le sorti di popoli, regni o addirittura universi. Salvare il mondo ha certamente il suo fascino, ma staccare la spina e prendere in mano un’avventura più spensierata e quotidiana, può, di tanto in tanto, essere davvero ciò che ci vuole. Ed è proprio questo che Sorcery Saga: Curse of the Great Curry God offre: un’impresa leggera e divertente il cui fine è quello di salvare un piccolo ristorante di curry dalla chiusura.

Alla ricerca del curry leggendario

Io chef Nicholi gestisce lo Smile Curry con dedizione e amore per i propri clienti: il suo unico scopo è, come dice il nome del locale, donare un sorriso a tutti coloro che assaggiano la sua cucina. Tuttavia, non ha vita facile quando il magnate Goldal decide di aprire un nuovo locale della sua famosa catena Sokosoko Ichiban proprio a Dish Town. Goldal non si nasconde dietro alcuna maschera: il suo scopo è fare soldi e annientare la concorrenza grazie alle apparenze e ai bassi prezzi, piuttosto che alla qualità del menù.

Per fortuna, ad aiutare Nicholi, ci pensa Pupuru. La nostra protagonista, infatti, non ce la fa a vedere in difficoltà il suo ristorante preferito e si offre immediatamente di andare a cercare gli ingredienti necessari per cucinare il Leggendario Curry Magico, ricetta ideata dal Grande Dio del Curry in persona.

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Pupuru è una studentessa della scuola di stregoneria locale. Certamente non un genio — anzi, a dirla tutta è abbastanza incapace — ma, a modo suo, risulta anche un po’ scaltra, basti pensare a come la conosciamo durante il prologo: dopo aver tirato a indovinare tutte le risposte alle domande del suo esame, viene scelta dall’insegnante per affrontare la Torre Magica, in quanto ha avuto la fortuna (o sfortuna?) sfacciata di ottenere il punteggio pieno. È la torre il luogo in cui Pupuru ottiene la ricetta che può aiutare Nicholi, ma è anche quello in cui incontra per la prima volta il suo principale e inseparabile compagno di viaggio, Kuu. Kuu è una sorta di aspirapolvere ambulante dalla forma di mostriciattolo bianco e tondo con delle grandi orecchie, che la giovane maghetta si porterà appresso nei vari dungeon labirintici: la sua caratteristica principale è avere uno stomaco senza fondo.

Sebbene non sia molto lunga o articolata, la storia è raccontata in modo fresco e divertente grazie anche ai numerosi siparietti comici e  a un cast inaspettatamente ricco. Pupuru si ritrova spesso aiutata od ostacolata da tanti personaggi diversi come il principe demone Gigadis, perdutamente innamorato della protagonista a causa di un colpo di fulmine, e la sua autoproclamata promessa sposa Cliora; l’enigmatica Puni con il suo radar per percepire l’aura di curry delle persone, il trio di eroi formato da Naan, Panna e Udon e tanti altri, ognuno con le proprie motivazioni e, soprattutto, stranezze.

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Non so in quanti abbiano mai sentito parlare della serie Madou Monogatari. Potreste certamente aver sentito parlare del suo spin-off Puyo Puyo, ma, a dirla tutta, io stessa non l’avevo nemmeno mai sentita nominare prima di informarmi un po’ su Sorcery Saga. Si tratta di una trilogia di dungeon crawler in prima persona usciti all’inizio degli anni 90 soltanto in Giappone. Raccontano di una ragazzina che, per superare un esame alla scuola di magia, deve arrivare in cima a una torre piena di mostri di ogni genere. Vi ricorda qualcosa? Esatto, Sorcery Saga (in giapponese Sei Madou Monogatari) è basato proprio su questi giochi, ma con tantissime (e giustificate) differenze, sia per quanto riguarda la storia, più affine a un palato contemporaneo, che nel gameplay.

Peculiarità dei Madou Monogatari era l’assenza totale di qualsivoglia indicatore: se state pensando di avventurarvi in questi vecchi titoli vi consiglio di dimenticarvi barre degli HP o anche solo la quantità di MP che consuma ogni magia. Fortunatamente Sorcery Saga risulta molto più accessibile in questo senso, eliminando questa “meccanica”. Tuttavia rimane comunque in tutto e per tutto un dungeon crawler: passerete la maggior parte del vostro tempo dentro a torri, foreste, caverne e chi più ne ha più ne metta, alternando stanze con una mappa ben definita a stanze generate proceduralmente utilizzando a una visuale isometrica (a differenza degli originali che utilizzavano invece la prima persona). A questa base, viene inoltre aggiunta una componente roguelike: i dungeon si iniziano sempre dal livello uno e, nel momento in cui si va K.O., ci si ritrova in città, senza più alcun oggetto raccolto. È dunque un titolo che risulta, in ogni caso, abbastanza punitivo e, in certi casi, addirittura frustrante con chi decide di andare ad esplorare in modo avventato o impaziente.

La magia sta nelle spezie

Per evitare di finire l’avventura nel modo più disastroso, Sorcery Saga offre diverse meccaniche. La più importante di queste è rappresentata dal nostro insaziabile compagno di viaggio: Kuu ci seguirà ovunque e potrà attaccare i nemici e aiutarci grazie ad utilissime abilità speciali, che può ottenere in modo casuale salendo di livello. Se però la protagonista si potenzia sconfiggendo nemici, Kuu lo fa mangiando. L’inventario è piuttosto limitato in proporzione all’elevata quantità di oggetti che possono essere raccolti durante l’esplorazione, quindi un ottimo modo per fare un po’ di pulizia è proprio quello di sfoltirlo sfamando Kuu. Che sia effettivo cibo, un’arma, una pergamena o qualsiasi altra cosa si abbia nella borsa non importa davvero, perché la mascotte inghiottirà tutto, aumentando la propria esperienza e, spesso, ottenendo qualche bonus o malus.

Nemmeno Zeo sa che tipo di animale sia Kuu. Io credo che continuerò a definirlo “aspirapolvere ambulante”.

Tutto bello e divertente, ma questo gioco parla di curry, no? Quando si mangia? Non vorrete mica far mangiare solo lo sgorbietto bianco, spero! Fortunatamente no, anche Pupuru mangia, sebbene il suo palato sia decisamente più fine: dentro ai dungeon, grazie alle ricette fornite da Nicholi, la maghetta può cucinarsi in qualsiasi momento un bel piatto di curry a patto di aver raccolto gli ingredienti adeguati. Questo delizioso – anche se a volte non molto invitante – curry risulta utilissimo per aumentare temporaneamente le proprie statistiche e la quantità di esperienza ottenuta dai nemici, ma ricordatevi di mangiarlo prima di procedere al piano successivo, o il Grande Dio del Curry potrebbe maledirlo!

Qualcuno vuole un po’ di curry di fenice?

Le insidie e le trappole sono sempre dietro l’angolo. Ogni nemico ha poteri diversi, che possono andare dall’abilità di agire più di una volta per turno al far cadere le armi al rubare oggetti dall’inventario. I piani stessi sono ricchi di sorprese, oggetti da raccogliere, forzieri contenenti trappole o addirittura nidi di mostri pronti ad aggredire Pupuru all’improvviso. Non aiuta il fatto che di alcuni oggetti potremo conoscere le caratteristiche solo dopo averli utilizzati, riservando, alle volte, sorprese ben poco piacevoli. Per questo, sebbene la storia non sia particolarmente longeva (ci si aggira sulle 20 ore), il fatto che ci sia così tanta varietà rende la rigiocabilità del titolo incredibilmente alta.

La hub principale del gioco è la città di Dish Town, nella quale Pupuru torna ogni volta che le capita di terminare un’esplorazione (forzatamente a causa di game over o meno). Qui è possibile fare diverse cose. Nel ristorante di Nicholi si possono ottenere nuove ricette e  rifornirsi di oggetti utili, nella stanza di Pupuru un gigantesco Kuu potenzia l’equipaggiamento, ma è possibile anche cambiare abito a Pupuru ed equipaggiarle diverse magie, mentre presso la biblioteca è possibile assistere a divertenti siparietti sbloccabili dopo aver raccolto “Oggetti Preziosi” dentro i labirinti.

In una sola parola: vivacità

Una delle cose che più mi ha colpita di Sorcery Saga nell’immediato è stata una colonna sonora che senza dubbio riflette molto bene il tono scanzonato del titolo. Tante tracce cantate, allegre e buffe, tanti motivetti da canticchiare, ma anche tracce più misteriose o energetiche durante l’esplorazione dei dungeon. Certo, il numero di brani non è altissimo, ma tutto sommato è adeguato al numero di ore in cui si articola la trama e, soprattutto, quello che c’è è ben fatto. Non è certo da meno, però, la vivacità del character design e della direzione artistica in generale: i personaggi sono carini, coloratissimi e molto espressivi e lo stesso si può dire anche delle ambientazioni, dei menù e dell’HUD.

Adoro l’espressività dei personaggi nei disegni di questo gioco

Il comparto tecnico non fa sicuramente gridare al miracolo, questo è indubbio, ma in generale la grafica 3D viene utilizzata solo durante l’esplorazione dei dungeon, preferendo optare per fondali e portrait rigorosamente in due dimensioni sia per gli eventi di trama che per i vari luoghi di Dish Town. Ne consegue che questo sia uno di quei titoli che possono essere giocati senza alcun tipo di problema di performance anche da chi, come me, possiede un portatile di fascia media avente qualche anno sulle spalle.

Conclusione

Sorcery Saga: Curse of the Great Curry God è uno di quei titoli da giocare senza alcuna pretesa. Non brilla di originalità, ma non si pone nemmeno lo scopo di farlo. È un gioco simpatico, con una trama semplice, ma solida e funzionale, un cast vivacissimo e una colonna sonora esplosiva che non potrà che rimanervi in testa. Magari non sarà un titolo imperdibile, ma rimane comunque consigliatissimo a chiunque abbia voglia di un roguelike colorato e ironico. E agli amanti del curry, ovviamente.

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