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Tales of Berseria ~ La forza dei sentimenti

Tales of Berseria

Piattaforma: PlayStation 4 
Software House: 
Bandai Namco
Publisher: Bandai Namco
Lingua: italiano (testi), giapponese/inglese (audio)
Release: 27 gennaio 2017
Note: Rilasciato anche su Steam.
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Quella dei Tales Of è una serie che, come molti altri amanti del genere JRPG, ho sempre apprezzato. Pur avendola scoperta relativamente tardi, con l’uscita di Tales of Xillia, ho recuperato negli ultimi anni buona parte dei capitoli disponibili in lingua inglese: alcuni mi sono piaciuti di più, altri di meno, ma il marchio Tales Of si è sempre riconfermato garanzia di un’esperienza di gioco piacevolissima, grazie soprattutto al combat system dinamico e ai personaggi sempre memorabili.

Eppure, per quel che mi riguarda, qualcosa mancava: la serie mi piaceva, e anche molto a tratti, ma mai abbastanza da inserirla in un’eventuale e personalissima classifica dei miei titoli preferiti di sempre. Man mano che mi addentravo nella serie, mi sono resa conto che lo stavo facendo cercando qualcosa; qualcosa di difficile da definire a parole e assolutamente soggettivo, ma in grado di lasciare il segno ed entrarmi davvero nel cuore.

Poi è arrivato Tales of Berseria, ultimo capitolo della serie. E ho finalmente trovato ciò che stavo tanto aspettando.

L’Avvento

Basta meno di un’ora di gioco per rendersi conto di essere davanti a un capitolo totalmente diverso dai predecessori, che stravolge tantissime convenzioni proprie non solo della serie a cui appartiene, ma anche del genere JRPG in generale.

Velvet Crowe è un’adolescente come tante altre, che vive nel tranquillo villaggio di Aball con il fratellino Laphicet e il cognato Arthur. Seppur Velvet si prenda cura della famiglia con dolcezza e ottimismo, la sua vita non è facile: sette anni prima, durante una notte scarlatta passata alla storia come la notte del Varco, il suo villaggio è stato preda di un feroce attacco di demoni, durante il quale ha perso la vita la sorella maggiore Celica, assieme al figlio che portava in grembo.

Sul mondo, infatti, incombe l’incubo della demonite, un morbo incurabile che trasforma le persone in esseri demoniaci e feroci, senza possibilità di invertire il processo. La vita nella piccola comunità di Aball, tuttavia, scorre tranquilla, grazie anche alla protezione di Arthur, un esorcista, ossia una delle poche persone in grado di vedere e comunicare con i Malak, una razza dotata di straordinari poteri. Tuttavia, un’altra tragica notte scarlatta è alle porte, una notte che cambierà la vita di Velvet per sempre.
Nel giro di pochi minuti, tutto ciò in cui la ragazza credeva viene meno: il fratello Laphi viene ucciso da Arthur come sacrificio per la cerimonia dell’Avvento e Velvet stessa viene trasformata in un demone. Con il suo nuovo braccio demoniaco, la ragazza uccide i demoni che hanno nuovamente invaso il villaggio, solo per poi rendersi conto, poco dopo, che si trattava degli stessi abitanti di Aball, colpiti dalla demonite.

Velvet viene quindi rinchiusa nella prigione carceraria di Titania, dove passa i successivi tre anni, nutrendosi di demoni e, soprattutto, del suo odio nei confronti di Artorious Collbrand — nome completo di Arthur — l’uomo di cui si fidava di più al mondo, che le ha tolto ciò che per lei era più prezioso: suo fratello. Quando Seres, una malak un tempo fedele ad Artorious, aiuta Velvet ad uscire dalla prigione, comincia il viaggio della ragazza.

Il mondo che conosceva è cambiato: in seguito all’Avvento, i Malak sono diventati visibili ad ogni essere umano, e la maggior parte del mondo conosciuto è ora sotto il controllo dell’Abbazia, un’istituzione che sfrutta i poteri dei Malak per respingere la piaga della demonite. Artorious, l’uomo che ha reso possibile tutto questo, guida l’Abbazia ed è celebrato come un salvatore e un simbolo di speranza dalla popolazione. E’ proprio il Redentore Artorious l’obiettivo di Velvet, che, per portare a compimento la propria vendetta, è pronta a qualsiasi cosa.

“But even in the depths of despair, two things matter to me. The taste of blood-soaked flesh… And revenge upon one man.”

Tales of Berseria Header Diary

Vita da villains

Questo è solo l’incipit della trama di Tales of Berseria; una trama che, come probabilmente avrete capito, si configura come ben più dark di quanto si sia mai visto all’interno della serie, presentando sin dalle primissime ore scene forti, difficili da digerire.

Tales of Berseria crea una forte rottura con i canoni a cui eravamo abituati, e lo fa a partire dalla stessa eroina: Velvet Crowe non è solo la prima protagonista femminile assoluta, ma anche il personaggio meno eroico che sia mai stato messo alla guida di un Tales Of. In passato, la serie ha proposto protagonisti molto diversi tra loro: adulti e immaturi, idealisti e dalla moralità grigia, eroi ed antieroi.
Ma Velvet è più di un’antieroina; se il gioco fosse presentato da un’altra prospettiva, il suo ruolo sarebbe sicuramente quello dell’antagonista. Lo shock per l’uccisione del fratello e la sua nuova natura demoniaca l’hanno resa spietata: non si fa scrupolo a portare morte e distruzione ovunque vada, perché, pur di riuscire ad uccidere Artorious, è pronta a divorare qualsiasi ostacolo sul proprio cammino.

Anche conoscendo le motivazioni che ci sono dietro, le azioni di Velvet sono tutt’altro che eroiche. Eppure, nonostante si trovi davanti a un personaggio animato da rabbia e sete di sangue, il giocatore non può far a meno di empatizzare e tifare per quello che, in qualsiasi altro gioco, sarebbe il gruppo dei cattivi.
Sì, perché i comprimari di Velvet non sono da meno quando si tratta di rigettare completamente i canoni, e complessivamente il party si configura in gran parte come una banda di reietti dalla moralità assai discutibile, ma dal carisma travolgente.

Rokurou Rangetsu è un demone della guerra, animato da una sete di battaglia inestinguibile, che vive per scontrarsi e superare nemici più forti di lui; ma è anche un uomo d’onore, fedele alle tradizioni del suo clan, che non verrebbe mai meno alla parola data; e, a discapito della sua indole sanguinaria, ha un atteggiamento assai affabile e rilassato, che gli rende facile andare d’accordo col suo prossimo.
Magilou si presenta come la strega più malvagia e terribile di tutte, in un mondo in cui le streghe, teoricamente, non esistono; teatrale e bugiarda, si diverte a prendersi gioco degli altri, Velvet in primis, e nessuno capisce per quale motivo si sia unita al gruppo, se non per convenienza.
Laphicet è un giovane Malak privo di volontà, usato dagli esorcisti dell’Abbazia come mero strumento; liberato da Velvet per il proprio tornaconto, che gli dà il nome del defunto fratello, il ragazzo comincerà lentamente a capire cosa significhi vivere davvero, e non eseguire gli ordini che gli vengono impartiti, trovando negli altri membri del gruppo degli improbabili mentori.
Eizen — il cui nome non sarà nuovo ai giocatori di Zestiria — è un Malak che, a differenza della maggior parte dei propri simili, non ha perso il libero arbitrio. Affetto da una maledizione che porta sciagura addosso a lui e a chi gli sta attorno, è il secondo ufficiale di una ciurma di pirati, ed è in cerca del loro capitano. Rude e a tratti spietato, Eizen non si fa scrupoli a torturare e uccidere per il proprio tornaconto, ma nasconde anche un lato più tenero, nonché un’incredibile passione per la storia e l’archeologia.
Infine c’è Eleanor Hume, un’esorcista pretore dell’Abbazia, compassionevole e leale, che si scontrerà più volte con Velvet e gli altri, fino ad arrivare a mettere in discussione i propri ideali e la propria missione.

Casualità, convenienza, obiettivi comuni: ognuno ha il proprio motivo per unirsi a Velvet, in quella che inizialmente si configura più come un’alleanza per fini condivisi che un’amicizia. Due demoni, un Malak, un pirata, una strega e un’esorcista: sembra impensabile, ma questo gruppo così mal assortito funziona alla grande. Complici le tradizionali skit, l’alchimia del party cresce a poco a poco, ed è impossibile non affezionarsi a questa banda di poco di buono. Ogni personaggio, oltre ad avere, come già detto, carisma da vendere, ha anche un background interessante, ed uno dei pregi più grandi del gioco è proprio quello di dare a tutti il giusto spazio, tanto nella trama principale quanto in una serie di sub-quest dedicate ad ogni membro del gruppo.

A tale of emotion versus reason

Il party, nella sua eterogeneità, ha però una caratteristica comune: quella di mettere le emozioni al primo posto. Lo scontro tra ragione e sentimenti, infatti, è uno dei due temi portanti del gioco, riassunto anche nella tagline “A Tale of Emotion versus Reason” e ribadito più volte nel corso della storia.

Artorious e i suoi seguaci dell’Abbazia ritengono che solo affidandosi alla razionalità si possa superare il periodo di crisi che affligge il mondo: bisogna vivere facendo ogni volta la scelta più logica, e anteponendo, al bene del singolo, quello dei più. In quest’ottica, quindi, anche il sacrificio di Laphi non è altro che un male necessario per il bene superiore.
Inutile dire che Velvet non è in grado di abbracciare questo punto di vista. Anche prima di trasformarsi in un demone, era una persona estremamente passionale e impulsiva, specie quando di mezzo c’erano i suoi affetti.

Odio, rabbia, dolore, desiderio di vendetta: Velvet rifiuta la cinica ragione dell’Abbazia per affidarsi unicamente alle proprie emozioni. Quest’emotività è più volte al centro della narrazione, il che porta il narratore a empatizzare con la protagonista come se stesse vivendo i suoi tormenti sulla propria pelle, grazie a un’ottima sceneggiatura e un doppiaggio magistrale.
Velvet, come detto, non è l’unica a seguire i propri sentimenti: tutti i suoi compagni abbracciano quest’ottica e rifiutano categoricamente il razionale bene comune dell’Abbazia. Fa eccezione Eleanor, cresciuta secondo questa logica, ma dotata anche di una grandissima sensibilità, che si troverà per questo combattuta su come agire.

Il secondo tema portante del gioco è quello riassunto nel “genere caratteristico” proprio di ogni titolo della serie: “RPG of Discovering Your Own Reasons to Live”.

Laphicet, dopo aver vissuto come strumento dell’Abbazia privo di volontà propria, deve capire cosa significhi vivere, in un percorso di crescita che lo porterà a interrogarsi sul senso della sua esistenza. Velvet, che ha perso tutto, si aggrappa disperatamente alla vendetta per trovare un motivo per continuare a lottare.
Più volte viene ribadita l’importanza di vivere secondo la propria volontà fino alla fine. Per molti personaggi, come Eizen e Rokurou, non conta tanto restare in vita, quanto rimanere fedeli al proprio codice.
La ricerca della propria ragione di vita sarà quindi una costante della trama del gioco. Una trama che, dopo un inizio esplosivo, continua a ritmo serrato, e dove non mancano i colpi di scena. Probabilmente si sarà intuito, ma ho davvero apprezzato la storia di Tales of Berseria: profonda, coinvolgente, emozionante, mi ha regalato una settantina di ore davvero indimenticabili.

Zestiria e Berseria

Come molti di voi già sapranno, Tales of Berseria è un prequel del suo predecessore, Tales of Zestiria. La storia di Berseria, oltre ad essere ambientata in un passato davvero remoto, è autoconclusiva, e quindi pienamente fruibile in autonomia; ciononostante, non posso fare a meno di consigliarvi di giocare prima Zestiria.
All’inizio, il mondo di Berseria vi sembrerà totalmente estraneo, se siete reduci dall’avventura di Sorey e compagni. Anzi, capiterà di sentirsi addirittura disorientati, perché tutto si chiama con un nome diverso e nulla sembra muoversi secondo le leggi che avevamo imparato a conoscere.
Eppure, proseguendo nel gioco, pian piano i pezzi del puzzle vanno al loro posto. Zestiria e Berseria altro non sono che due facce della stessa medaglia, due storie che si completano a vicenda. Ed è così che, giocando a Berseria, si finisce ad apprezzare in retrospettiva ancora di più Zestiria, di cui molte domande ancora insolute trovano finalmente risposta; allo stesso tempo, però, tanti elementi della trama di Berseria hanno il loro peso esclusivamente in virtù del predecessore.

Inoltre, Zestiria e Berseria fanno da contraltare perfetto l’uno all’altro: da un protagonista puro come Sorey, archetipo dell’eroe idealista che si fa carico del peso del mondo per il bene comune, si passa alla demoniaca Velvet, che, come abbiamo visto, è l’esatto opposto. Questo ribaltamento di prospettive rende il tutto ancora più interessante, come se si osservasse la stessa lotta ancestrale — quella tra bene e male, luce ed ombra — da due diversi punti di vista.

Certo, non è indispensabile aver giocato a Tales of Zestiria per giocare a Berseria, ma sicuramente averlo fatto garantisce un’esperienza di gioco più ricca, in cui molte cose acquistano tutt’altro significato.
Se, viceversa, avete giocato a Berseria e vi è piaciuto, ma non conoscevate Zestiria, allora vi consiglio di recuperarlo, per scoprire l’altra metà della storia che vi siete persi.
Del resto, la lore di questo mondo di gioco è ricchissima di dettagli dopo due giochi di world building: si tratta senza dubbio dell’ambientazione più sviluppata che si sia mai vista nella serie e non mi stupirei se, in futuro, Bandai Namco decidesse di sfruttarla ancora, perché, a mio avviso, avrebbe ancora tanto da dire.

Anime di sfondamento

In quanto a gameplay, Tales of Berseria conferma la formula classica della serie, riprendendo lo scheletro del battle system di Zestiria, ma introducendo anche molte novità e abbandonando molti dei suoi limiti.
Due innovazioni saltano subito all’occhio per i veterani della serie; la prima è l’introduzione della corsa libera, ora di default; la seconda grossa innovazione risiede configurazione dei comandi. In Berseria, infatti, il giocatore combatte utilizzando tutti i tasti del controller: le arti vengono assegnate ai tasti  e , mentre i dorsali vengono sfruttati per la parata, il cambio di formazione e gli attacchi speciali.

Il combat system, come già detto, raccoglie l’eredità di Graces e Zestiria, riproponendo un sistema basato sulle cariche (qui chiamate anime). Gli attacchi si dividono in tre categorie di arti —  marziali, occulte e malak — e possono essere combinate a piacimento dal giocatore in combo devastanti, articolate su quattro livelli di attacco. L’esecuzione di queste combo è regolato dal numero di anime in possesso del personaggio: di norma sono tre a inizio scontro, e possono andar perse o venir recuperato in vario modo nel corso della battaglia. Ogni arte ha un proprio consumo di BA (Barra delle Anime) e perciò, per poter eseguire con successo combo distruttive, è necessario aver un sufficiente numero di anime. Restare storditi, per esempio, ci farà perdere un’anima, ma stordire un avversario sfruttando le sue debolezze elementali, viceversa, ce ne farà recuperare una. Questa meccanica regola lo svolgimento degli scontri, richiedendo al giocatore un pizzico di strategia all’interno di un gameplay assai frenetico, specie se si gioca alla difficoltà più alte.

La feature caratteristica del combat system di Berseria sono le Anime di Sfondamento: si tratta di tecniche speciali che consumano un’anima (e che ne richiedono tre per poter essere usate), attivabili tramite il tasto R2. Ogni personaggio ha una propria Anima di sfondamento diversa: Velvet, per esempio, entra nella sua forma demoniaca, che le garantisce statistiche più alte e attacchi devastanti al prezzo dei suoi PV, che calano inesorabilmente (ma non possono scendere a zero, garantendole quindi una sorta di immortalità temporanea); Magilou è in grado di assorbire le magie nemiche, lanciando potenti contromagie; Laphicet attiva dei buff per il party e dei debuff per i nemici; e così via.

Velvet usa la sua Anima di Sfondamento ed entra in forma Therion

Ogni membro del party ha il proprio stile unico, sia per le arti regolari, che per le anime di sfondamento; da giocatrice, mi sono divertita a utilizzare tutti i personaggi proprio grazie alla loro varietà. Ognuno ha meccaniche diverse, che è gratificante padroneggiare; a differenza di Zestiria, inoltre, non ci sono personaggi che è obbligatorio tenere in campo e, anzi, torna la possibilità di scambiare i membri attualmente in combattimento con le riserve, il che garantisce ancor più dinamicità agli scontri.

Il battle system è una vera gioia: non ci si stanca mai di combattere, come non mi capitava dai tempi di Tales of Xillia. A difficoltà normale, come capita generalmente nei Tales Of, il tasso di sfida è piuttosto basso, ma si può cambiare livello di difficoltà in qualsiasi momento, con due difficoltà aggiuntive — Intenso e Caotico — sbloccabili durante il gioco.

Il sistema di sviluppo dei personaggi è ancora una volta affidato all’equipaggiamento, ma in modo così semplificato e intuitivo che neanche vale la pena di fare il paragone con Zestiria. L’apprendimento di nuove abilità passive, infatti, avviene semplicemente tenendo equipaggiati per un determinato lasso di tempo armi, armature e accessori, ognuno dei quali ha una propria abilità associata. Ogni pezzo di equip può poi essere migliorato (o viceversa scomposto) tramite i negozi, a patto di avere le giuste risorse. Le statistiche dei personaggi, oltre che dall’equipaggiamento, possono essere anche influenzate dai titoli, sbloccabili e livellabili rispettando diversi obiettivi.

Il sistema di sviluppo tramite equipaggiamento.

Tales of… Minigiochi?

Ogni JRPG che si rispetti, oltre alla trama principale, deve saper offrire anche una buona dose di side content. La trama di Berseria, che parte in quarta, introduce le side quest a fasi piuttosto avanzate, quando al giocatore viene anche data maggiore libertà di spostarsi per la world map. Il nostro mezzo di trasporto primario sarà la nave pirata Van Eltia, e con cui faremo la spola tra i vari porti. La maggior parte delle side quest, però, si attiva dopo aver sbloccato il dungeon finale, momento in cui vedremo spuntare punti esclamativi in ogni angolo della mappa.

Ogni personaggio, a grandi linee, ha la propria questline, che svela anche nuovi elementi di trama o background. Altre attività secondarie a cui potremo dedicarci sono le cacce dei mostri “codice rosso” e le sfide contenute nelle Zone Amministrative Speciali, isole su cui nascondono branchi di demoni.

Completare il gioco, inoltre, dà accesso ai contenuti endgame, che comprendono un nuovo dungeon e alcuni boss speciali (tra cui l’immancabile battaglia cameo). Il tutto aumenta complessivamente la longevità già buona del gioco.

Io ho passato più di cento ore su Tales of Berseria, ma il mio conteggio non è affidabile, perché la metà del tempo l’avrò passata a giocare a carte. Ebbene sì: Berseria è la fiera dei minigiochi. Ce ne sono di ogni tipo e in ogni luogo; ce ne sono così tanti che, a un certo punto, arriverete a domandarvi “Oddio, ma quanti minigiochi diversi ci possono essere in un gioco?”. Pesca, carte, Bienfu salterino; non mancano minigame tipici della serie, come “Il cliente ha sempre ragione” o Chambaloon. Dedicandoci a queste attività otterremo monete Tales, che a loro volta possono essere scambiate con oggetti e costumi vari.

Il mondo, inoltre, è disseminato di scrigni Katz, che si possono aprire soltanto raccogliendo gemme Katz nei luoghi che visiteremo. Da un certo punto del gioco in poi, la navigazione di dungeon e aree sarà resa più rapida e divertente dallo sblocco della geotavola, uno skateboard volante su cui potremmo sfrecciare attraverso le varie zone.

Fa il suo ritorno la cucina, i cui piatti garantiscono vari bonus in battaglia. Molti ingredienti si possono trovare tramite spedizioni, un’opzione che manderà una nostra nave da ricognizione a esplorare zone sconosciute. Isola di Teepo, Isola dei Cheagle, Isola di Kresnik… Vi dicono niente questi nomi? Berseria pullula di riferimenti ai capitoli precedenti della serie: tra citazioni, minigiochi, camei, Katz e Turtlez, si ha davvero l’impressione di trovarsi a casa, se si è fan di lunga data dei Tales Of.

Vi dice niente? Questa è solo una delle tantissime reference alla serie Tales. 

L’insieme di tutti questi elementi rende l’esperienza di gioco assai ricca e godibile. Come ho già detto, ho trascorso su Tales of Berseria più di cento ore, e non mi sono annoiata neanche un istante.

Grafica e sonoro

Finora per Tales of Berseria ho avuto solo elogi: questo perché, nel complesso, storia e personaggi mi hanno catturata come mai mi era capitato con questa serie, e perché, a livello di gameplay, il gioco ha saputo intrattenermi benissimo. Tuttavia, Tales of Berseria ha anche i suoi limiti, primo tra tutti quello tecnico: il motore grafico usato è sempre lo stesso dai tempi di Xillia. Per me la grafica è un aspetto secondario, e del resto Berseria in Giappone è uscito anche su PlayStation 3; tuttavia, mi piacerebbe molto vedere un upgrade anche tecnico da parte di Bandai Namco, che possa portare questa serie maggiormente al passo con la current gen. C’è da dire, però, che in quanto a framerate è stato fatto un buon lavoro, con FPS stabili anche nelle fasi più concitate delle battaglie, dove abbondano gli effetti di battaglia.

Altri elementi che non brillano sono il level design, in media abbastanza blando, e la colonna sonora: la mancanza di Go Shiina, che aveva elevato la OST Tales of Zestiria ben sopra la media della saga, si fa sentire parecchio e, a parte alcune sporadiche tracce, come il tema di Velvet, le musiche che ci accompagnano nell’avventura sono più che dimenticabili.

A controbilanciare, però, ci pensano il doppiaggio, disponibile in inglese e giapponese ed eccezionale in entrambe le versioni (meravigliose Christina Vee come Velvet ed Erica Lindbeck come Magilou) e le cutscene animate, affidate ancora una volta allo studio ufotable, sinonimo di qualità.

Conclusione

Tales of Berseria ha tutto quello che avrei voluto trovare nell’ultimo capitolo di questa serie. Mi ha conquistata grazie alla sua trama cupa e profonda e al cast di personaggi atipici e carismatici. A livello di gameplay, il combat system raggiunge i fasti di quello di Xillia, rendendo divertente anche il più banale degli scontri; i contenuti offerti sono tanti, tra side quest e minigiochi, e innalzano la longevità già buona del titolo.
Con Tales of Berseria mi sono divertita, ho pianto e mi sono emozionata: questo gioco mi è entrato nel cuore e non posso far altro che consigliarvelo. Vi consiglio anche, però, di giocare prima a Zestiria, per poter apprezzare appieno quella che, a mio avviso, è un’esperienza di gioco complementare.
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