Drakengard 3
Piattaforma: PlayStation 3
Software House: Access Games
Publisher: Square Enix
Lingua: Inglese
Release: 19 Dicembre 2013
“Now, let us sing of the world’s end”
Spesso una critica che viene posta ai JRPG è la loro ripetitività. Il loro fondarsi, spesso, su una trama in cui un giovane inesperto intraprende un viaggio per andare a sconfiggere il cattivone di turno. Il loro fare affidamento su temi come l’amore o l’amicizia che sconfigge ogni male. Si tratta di cliché che, sia nelle situazioni che nei personaggi, possono essere utilizzati in modo scontato o in modo più creativo e approfondito, ma che effettivamente difficilmente vengono accantonati.
Yoko Taro e i suoi giochi sono una delle dimostrazioni che nei giochi di ruolo provenienti dal paese del Sol Levante c’è molto di più. Il nome di Taro, che ha ottenuto una notorietà più ampia solo da poco con l’uscita di NieR:Automata, è sinonimo di toni cupi, personaggi pieni di sfaccettature, ma, soprattutto, di sorprese. Drakengard 3 non fa eccezione: uscito nel 2014 su Playstation 3, è il titolo più recente appartenente alla saga principale di Drakengard. Si tratta però di un prequel, ambientato circa mille anni prima rispetto al primo gioco della serie, il cui principale punto di continuità è il mondo di gioco: Midgard.
Atto 1: la storia delle Sei Sorelle
In un mondo distrutto dalle guerre, cinque donne dette “Intoners” scesero dal cielo e portarono la pace grazie al suono delle loro voci, diventando signore e dee di quelle terre.
Zero è loro sorella, nonché a sua volta Intoner, ma non è sovrana di nessuna terra e non è venerata da nessuno: Zero è una traditrice, il cui unico scopo è quello di ucciderle tutte ad una ad una con l’aiuto del fidato drago Michael. Dopo aver tentato un attacco frontale finito nel peggiore dei modi, Zero non solo perde un braccio, ma anche Michael. La ritroviamo un anno dopo, con un braccio artificiale, un fiore sull’occhio e un nuovo drago, il giovanissimo e inesperto Mikhail. Le sue intenzioni, però, non sono cambiate, anzi, è sempre più determinata a porre fine alla vita delle sorelle e vagherà in lungo in largo nei loro regni per trovarle.
Come gli altri titoli appartenenti alla saga, la trama di Drakengard 3 ha più di un finale: la storia si dirama in diversi filoni, o branch, come vengono chiamati nel gioco stesso, che portano ad altrettanti finali. Quello del primo branch non è che uno dei possibili: ottenerlo non fornisce una risposta alla maggior parte degli interrogativi che ci si pone sin dall’inizio del gioco, ma lascia anzi molti punti in sospeso. Sbloccando e completando nuovi branch, la trama si intreccia sempre di più, dando, piano piano, una risposta ad ogni domanda.
A dare colore al gioco, non è però la trama articolata in sé. Per quanto interessante, infatti, questa potrebbe essere percepita come una storia come molte altre se non fosse per la narrazione e la caratterizzazione dei personaggi, il vero punto di forza del titolo. Tutto ciò non si limita a come e quando i punti principali della vicenda vengono introdotti. L’intero titolo è pervaso da un’atmosfera quasi demenziale, che alterna momenti di sanguinosa violenza a scene in cui la quarta parete viene bellamente ignorata. In molti casi il giocatore si trova spiazzato di fronte a questi improvvisi cambi di registro che però, per quanto ben congegnati, potrebbero risultare un po’ indigesti a chi in genere non apprezza questo tipo di black humor.
Atto 2: la traditrice e il drago troppo giovane
Se il titolo risulta così intrigante, certamente il merito va anche ai due splendidi protagonisti.
Che Zero sia un’antieroina è chiaro come il sole già dall’incipit della trama, ma, anche nel panorama degli antieroi, di protagonisti come lei difficilmente se ne trovano in giro. Sboccata quanto uno scaricatore di porto, impulsiva, violenta e sadica, non ha problemi a parlare apertamente di argomenti come il ciclo mestruale, il sesso e perversioni di ogni genere, o a insultare chiunque le capiti a tiro in momenti poco felici. Mettiamoci in mezzo anche il fatto che il suo scopo è far fuori tutte le sue sorelle e ciò che ci si para davanti è la perfetta cattivona antipatica e insopportabile. Chiaramente nel corso della storia, branch dopo branch, vengono mostrati anche lati del suo carattere che inizialmente risultano nascosti da questa sua volgare facciata, ma anche senza questi la sua caratterizzazione risulta davvero interessantissima da seguire. Questi lati nascosti, oltretutto, non giustificano completamente i suoi comportamenti più negativi e, tra i tanti pregi e i tantissimi difetti, ho trovato Zero una protagonista davvero ben congegnata, anche per questo motivo.
In perfetta contrapposizione, Mikhail, per quanto sia un grande, grosso e minaccioso drago, non è che un cucciolo e, nonostante si evolva durante il corso del gioco, come ogni bambino è giocherellone e ingenuo. Mikhail fa le veci del giocatore, che ignaro dei mille segreti di Zero, pone le domande più scontate. “Come sono le tue sorelle? Perché le vuoi uccidere? Perché non posso giocare anche io a quel gioco a cui giochi a notte fonda coi tuoi discepoli?”. Ma Mikhail è anche colui grazie al quale l’umanità di Zero viene a galla: certo, frequenti sono i momenti in cui la protagonista lo rimprovera, lo insulta o gli risponde in modo brusco per nessun motivo particolare, ma lui, consapevole del profondo legame che li unisce, non è tipo da ribellarsi. D’altronde è solo un bambino e in quanto tale si scusa o subisce senza mai reagire violentemente, perché la sua unica preoccupazione è essere utile a lei.
Certo, non è molto sveglio, ma è davvero impossibile non volergli bene.
Tra gli altri personaggi, oltre alle cinque sorelle, figurano i quattro discepoli Dito, Decadus, Octa e Cent, rispettivamente un ragazzino dalla smisurata crudeltà, un masochista, un maniaco sessuale e un narcisista. Nonostante li si possa descrivere con queste loro caratteristiche abbastanza peculiari, la trama ha modo di approfondirli molto più di quanto ad un primo sguardo ci si possa aspettare.
A concludere il gruppo di personaggi del cast è Accord, che fornisce armi e missioni secondarie e la cui voce funge da narratore alle avventure di Zero.
Atto 3: il potere dell’Intoner
Per quanto ami questo gioco, purtroppo non tutto è rose e fiori.
Il gioco è suddiviso in missioni, rigiocabili in qualsiasi momento, nelle quali dovremo semplicemente combattere contro alcuni nemici, proseguendo per mappe per lo più lineari e non particolarmente ispirate. L’esplorazione, ridotta all’osso, consiste nel trovare forzieri nascosti. Ogni tanto vengono introdotte alcune meccaniche a cui è necessario fare attenzione per proseguire, come il freddo delle montagne o l’asfissiante caldo dei soli artificiali nel deserto, o ancora i puzzle nella foresta di Three, ma non riescono a rendere l’esplorazione meno mediocre.
I combattimenti si dividono in due tipi: battaglia a piedi e battaglia in groppa al drago. Nel primo caso ci troviamo davanti a un action RPG come molti altri: Zero ha a disposizione quattro tipi di arma che possono essere scambiati in ogni momento anche durante una combo e ogni arma (anche se dello stesso tipo) si comporta in modo diverso dalle altre. Quando l’indicatore a forma di rosa si illumina di rosso, gli abiti bianchi di Zero inizieranno a macchiarsi di sangue e potremo ricorrere all’“Intoner Mode”: Zero lancerà un grido, iniziando a cantare, e, per un breve periodo di tempo, potrà ricorrere ad attacchi furiosi a mani nude e diventare letteralmente invulnerabile.
In groppa a Mikhail, la questione sarà abbastanza diversa: potremo volare, sparare palle di fuoco e buttarci in picchiata contro i nemici. Anche in questa situazione sarà disponibile l’Intoner Mode.
Sono presenti anche alcuni livelli in volo in modalità Shoot ‘em up.
Il gameplay, in sé, non è male: è semplice, ma funziona. Il problema principale sta nel fatto che spesso e volentieri il giocatore viene esposto a cali di framerate anche parecchio fastidiosi e movimenti di camera un po’ troppo ballerini.
E poi c’è la battaglia finale del branch D, che è una cosa ancora diversa e che dopo averla giocata, è impossibile da dimenticare: inaspettata, geniale, ma anche dannatamente impegnativa e ingiusta. E riesce, a mio parere, a ripagare in parte il resto del gameplay poco ispirato.
Atto 4: il fiore bianco e la canzone nera
Se parte della direzione artistica, tra cui i vari ambienti, risulti abbastanza monotona, ho trovato il character design di Kimihiko Fujisaka davvero ispirato. Ogni personaggio è perfettamente riconoscibile e i colori brillanti con cui sono dipinte le cinque sorelle di Zero donano davvero tanta vividezza e luce a un mondo altrimenti grigio.
Altrettanto ispirata è la meravigliosa colonna sonora. E per fortuna, visto che si tratta di un gioco in cui la musica fa parte integrante della trama! Se le tracce durante le missioni normali risultano abbastanza nella media, è durante le varie boss battle che il compositore Keiichi Okabe si scatena: scariche di adrenalina pura, tra chitarre, suoni metallici, ritmi serrati e cori di ogni genere. Impossibile non caricarsi nel sentire tracce come quella di Egregori o di Galgaliel. Non mancano però nemmeno le tracce più tranquille, tristi o drammatiche come le indimenticabili Empty Tone, Black Song, Last Song e This Silence is Mine. Dettaglio simpatico è il fatto che durante l’Intoner Mode di Zero, a tutte le tracce strumentali venga aggiunto un coro o una voce, come se fosse proprio la stessa Zero a intonare il sottofondo della battaglia.
E a proposito di voci, le performance del cast di doppiatori inglesi sono davvero ottime. Non c’è una voce fuori posto e Tara Platt riesce a interpretare Zero in modo assolutamente perfetto.
Conclusione
In tutta franchezza, pur riconoscendone i limiti, non ho potuto che adorare questo titolo, soprattutto grazie alla sua originalità, ai suoi toni forti e provocatori e al suo dark humor senza pietà. Ed è per questo che il mio consiglio è di dargli una chance.