KINGDOM HEARTS
Piattaforma: PlayStation 2, Playstation 3 (contenuto nella compilation HD 1.5 Remix), Playstation 4 (contenuto nelle compilation HD 1.5 + 2.5 Remix e The Story so Far) e Xbox Game pass
Software House: Squaresoft
Publisher: Squaresoft
Lingua: italiano (testi); inglese (audio)
Release: 15 novembre 2002
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Era il 2002. Avevo 10 anni, e la mia esperienza videoludica si limitava ai giochi della Disney che potevano essere giocati su PC . Ve li ricordate i platform ispirati al Re Leone, a Tarzan, a Toy Story? Ecco, quelli. Ero la classica ragazzina che ogni settimana si faceva comprare il nuovo numero di Topolino dal nonno, e lo leggeva avidamente.
Era novembre e mio fratello continuava ad insistere col fatto che da Babbo Natale volesse la PlayStation 2. Mia madre, non convinta, venne a chiedermi conferma, dato che sarebbe stato un regalo per entrambi: “Ma sei sicura che ci giochi anche tu? Non ci sono solo dei giochi da maschi?”. “Io voglio questo” le avevo risposto, indicandole una pagina del giornalino che stavo leggendo. Vi erano raffigurati Pippo e Paperino, insieme a personaggi con uno stile più simile ai cartoni animati giapponesi che guardavo in TV.
Inizialmente non sembrava troppo certa, ma alla fine la mattina di Natale io e mio fratello trovammo sotto l’albero una Playstation 2, insieme a Kingdom Hearts. Senza una Memory Card, ma quella è una storia per un altro giorno.
So the story begins
Kingdom Hearts narra la storia di Sora, un ragazzino che vive in un luogo chiamato Isole del Destino. Lo conosciamo mentre esplora quello che sembra essere un sogno, in cui cammina su rosoni raffiguranti le principesse Disney, apre misteriose porte e affronta mostri generati dalle ombre. Un sogno strano per un inizio decisamente fuori dalle righe.
Al suo risveglio incontriamo i suoi migliori amici Riku e Kairi, i quali gli ricordano il motivo per cui non dovrebbe oziare sulla spiaggia: devono costruire una zattera e preparare le provviste allo scopo di solcare per i mari alla ricerca di nuovi luoghi da esplorare. La sera prima della partenza, però, una feroce tempesta si scaglia sull’isola su cui i ragazzini hanno costruito l’imbarcazione, e Sora vi si precipita incoscientemente nel tentativo di non mandare all’aria il duro lavoro. La zona viene invasa dalle stesse creature d’ombra che il ragazzo ha visto in sogno, gli Heartless, e nulla non può contro di loro la sua spada giocattolo. Dopo alcune strane visioni, però, Sora si ritrova in possesso di una strana spada a forma di chiave, il Keyblade, grazie alla quale riesce a sconfiggere tutti gli Heartless che gli si parano davanti. L’isola è spacciata e viene inghiottita dall’oscurità.
Sora si risveglia in un vicoletto della “Città di Mezzo”, il luogo in cui si ritrovano coloro che hanno perso il proprio mondo. Qui incontra Pippo e Paperino, capitano dei cavalieri e mago di corte, alla ricerca del proprio re. È proprio il re che li ha mandati in missione per trovare il ragazzo con la chiave prima di scomparire. Sora si unisce a loro, nella speranza di potere ritrovare i suoi amici Riku e Kairi.
Inizia così l’avventura che li porterà verso tanti mondi, ispirati dai classici film Disney.
The most ambitious crossover event
L’idea di creare un crossover tra i prodotti Disney e quelli della ex-Squaresoft era qualcosa di veramente ambizioso (altro che Marvel e Infinity War), ma che per quanto strano possa sembrare, a modo suo funziona.
Il gioco riesce a evocare una sensazione di curiosità, ma allo stesso tempo familiarità. Se la storia di Sora è tutta da scoprire, si sa già dove andranno a parare quella di celebri personaggi come Ariel, Tarzan, o Peter Pan. Ma Kingdom Hearts è abile, in questo primo capitolo della saga più che mai, ad amalgamare bene le sue due anime. Anche se la trama orizzontale segue per lo più i personaggi originali Sora, Riku e Kairi, le storie verticali dei mondi Disney si ripercuotono spesso su di essa. Ed è grazie a questo che personaggi come Malefica de La Bella Addormentata nel Bosco o Jasmine di Aladdin acquisiscono una grande importanza all’interno non solo del gioco, ma della lore della saga intera.
I personaggi esclusivi di Kingdom Hearts si contano sulle dita di una mano, ma il resto del cast non è composto solo da personaggi Disney. Per ricoprire dei ruoli secondari, Nomura ha utilizzato alcuni personaggi della serie Final Fantasy che qualcuno giocando avrà sicuramente riconosciuto, anche se in veste un po’ diversa. Questi, infatti, rispetto al loro aspetto originale hanno background, e talvolta l’età, molto diversi rispetto a quelli del titolo da cui provengono, risultando alle volte un po’ strani e non esattamente coerenti con le loro controparti originali.
Against evil forces
Ciò che invece è 100% Square è il gameplay. Il giocatore controlla Sora, mentre l’IA ci accompagna muovendo fino a due personaggi aggiuntivi. Per la maggior parte dell’avventura si tratta di Pippo e Paperino, ma in base al mondo visitato si può avere accesso anche a qualche altro ospite.
Con cerchio e triangolo Sora salta e para/schiva, ma tutte le altre azioni offensive o di supporto sono relegati al menù delle azioni, situato in basso a sinistra come nel più classico dei Final Fantasy. Anche i nomi di magie e oggetti sono gli stessi canonici della fantasia finale.
Non mancano nemmeno le invocazioni, ma al posto dei classici Ramuh, Ifrit e Shiva, in soccorso di Sora possono arrivare (tra gli altri) Simba, Bambi e Mushu. Queste creature rimangono in campo fino all’esaurimento dei loro MP e Sora può interagire con loro in modi molto diversi l’uno dall’altro.
Si tratta dunque di una formula di cui tutti i giocatori di Final Fantasy dell’epoca avrebbero riconosciuto la struttura, anche se con molte differenze dettate per lo più dalla sua natura action.
Oltre al combattimento non mancano alcuni enigmi ambientali, mai troppo elaborati, ma comunque carini,e diversi minigiochi, di cui il migliore è lo scivolo di Tarzan e su questo non accetto critiche.
E c’è da dirlo, giocato oggi risulta forse un po’ legnosetto nei movimenti e nei comandi (come non citare il famigerato livello acquatico di Atlantica?), nonché un po’ impreciso nelle sue fasi più platform, ma credo che comunque riesca ancora a far divertire molto, specialmente quando si tratta di sfidare i vari boss. Dopotutto, se in effetti la componente platform risulta invecchiata malino, lo stesso non si può dire del core delle meccaniche Action RPG, riproposte poi dai suoi successori fino ad oggi.
E la telecamera… Beh, se ci pensiamo bene ancora oggi negli studi Square Enix non hanno un gran bel rapporto con il controllo della telecamera e questo gioco, uno dei primi JRPG in full 3D con telecamera mobile da loro sviluppati, purtroppo non fa eccezione.
Simple and Clean
Il comparto tecnico, rispetto a moltissimi giochi a lui contemporanei, è molto ben curato e tutto sommato non sfigura troppo nemmeno nella sua versione HD arrivata su console più recenti. Se proprio vogliamo essere pignoli, alcune mappe rimangono un po’ spoglie di NPC, facendo sembrare assolutamente disabitate città come Agrabah. Limitazioni dell’hardware di riferimento? Motore grafico non abbastanza potente da riuscire a gestire qualche altro personaggio a schermo? Pigrizia? Chi lo sa…
La direzione artistica però è eccellente. Le ambientazioni tratte dai lungometraggi Disney risultano fedeli nei loro luoghi iconici, mentre quelle originali, come la Città di Mezzo e la Fortezza Oscura, hanno concept davvero interessanti e ben realizzati, rendendole location riconoscibili e caratteristiche.
I design dei personaggi principali, seppur bizzarri se pensiamo alle scarpe enormi di Sora, sono ben congegnati per non stonare troppo rispetto a uno stile più da cartoon americano. Inoltre Nomura non si è limitato a disegnare i personaggi nuovi, ma ha creato nuovi design sia per Paperino e Pippo che per tutti i personaggi di Final Fantasy che compaiono. Ed è grazie a questo che adesso esiste un Cloud Strife con uno stilosissimo sciarpone rosso.
I brought violins and other violins
Ma sapete cosa mi stregò la primissima volta che avviai il gioco quella famigerata mattina di Natale, ancora prima dell’orecchiabilissima e intrippante sequenza introduttiva? Dearly Beloved, la musica del menù iniziale.
Forse il fatto è che era la prima volta in cui avevo a che fare in un videogioco con una colonna sonora di così alto livello. Ma so di per certo che un’emozione simile di quasi commozione dopo aver appena inserito il gioco nella console mi è capitata solo molti anni dopo, con Xenoblade Chronicles. E, guarda caso, le mani dietro a entrambe le composizioni sono quelle di Yoko Shimomura.
Shimomura, che ricordiamo anche per Radiant Historia, Parasite Eve, Super Mario RPG e altri, ha messo insieme una colonna sonora incredibilmente solida e memorabile, ma soprattutto varia. Tra riarrangiamenti di canzoni Disney (This is Halloween e Under the Sea, per esempio) e tracce completamente nuove, ogni mondo (originale e non) riesce ad avere un mood specifico che si adatta molto bene all’ambientazione. Il piatto forte, però, a mio parere sono le battle theme e le tracce usate per le parti di trama più concitate, che riescono ad aggiungere a molte scene una fortissima emotività.
Gli strumenti utilizzati sono tanti e diversi: piano, archi, organi e, soprattutto, la voce, uno strumento che all’epoca non veniva spesso considerato dai compositori. Per esempio, Destati non avrebbe la stessa forza senza il suo coro. C’è da dire che, però, la canzone che ogni appassionato ricorda con più chiarezza è Simple and Clean, scritta è cantata dalla cantautrice Utada Hikaru, sia nella sua versione remixata utilizzata nella sequenza iniziale che in quella più classica nei titoli di coda.
Dearly Beloved
Come avete forse potuto notare Kingdom Hearts è un gioco a cui tengo tantissimo, e a cui devo moltissimo. È il titolo che mi piace rigiocare ogni tanto e che mi regala grandi emozioni ogni volta.
Nonostante questo, mi rendo conto che non sia un gioco perfetto, e che a qualcuno possa non piacere. Il connubio di stili Disney e anime, per quanto affascinante, non è per tutti i gusti. In più, in generale non si tratta di una storia dai temi particolarmente impegnativi che possa soddisfare il palato di chi cerchi una trama profonda.
A volte è sciocco, a volte è bambinesco, a volte alcune cose sono lasciate volutamente nel mistero (cosa che, con il proseguire della saga, non fa che diventare sempre più marcato). Credo comunque che sia un gioco da provare. È senza dubbio un’esperienza unica nel suo genere.
Nel corso degli anni è uscita una nuova versione del gioco denominata Final Mix, che, tra le altre cose, aggiunge un boss segreto e alcune cutscenes. Se vi avvicinate a Kingdom Hearts per la prima volta oggi, vi consiglio di recuperare questa, anche perché è la più facile da trovare: è quella contenuta nelle collection in HD pubblicate su buona parte delle console moderne.